Massimo Ragnedda (Tiscali) Santoro è un giornalista di una TV commerciale e deve vendere, attraverso un prodotto mediatico, i telespettatori alla pubblicità. E il prodotto da baraccone Berlusconi vende (quasi 9 milioni di telespettatori e uno share del 33,58%) complice l’eccezionalità dell’evento. Berlusconi è politicamente morto e non ha nessuna possibilità di vincere le elezioni. Può solo sperare di pareggiare al senato, complice una vergognosa legge elettorale da lui tempo fa voluta e ideata. Anche con 10/15 punti percentuali di scarto dalla coalizione PD-Sel, come tutti i sondaggi rivelano, per colpa di una antidemocratica legge elettorale indegna di un paese civile, si rischia un pareggio al senato, grazie al premio di maggioranza su base regionale, che premia alcune regioni chiave. Qui, pur di racimolare qualche voto in più, ogni arma è consentita: da liste piene di candidati impresentabili, ma che evidentemente sanno come ottenere i voti, al clientelismo più becero. Un eventuale pareggio al senato potrebbe portare a compromessi, migrazioni da gruppi parlamentari ad altri, sino a una potenziale compravendita di parlamentari, come già successo nel recente passato.
Berlusconi ha, dunque, bisogno di far notizia in questa noiosa campagna elettorale con un finale già scritto, e Santoro aveva bisogno di far notizia per far sopravvivere un prodotto mediatico che non tira più. E così è andato in scena il circo mediato, un cabaret mascherato da talk show che nulla ha a che fare con la politica e con il fare informazione politica. Una commedia italiana, triste e tragica, emblematica dei nostri tempi. Un circo mediatico dove la politica si trasforma in farsa, diventa grottesca e surreale e perde ogni contatto con la realtà. Sullo sfondo, nella vita di ogni giorno, i problemi restano altri: una disoccupazione alle stelle che Berlusconi ha creato, prima di lasciare il passo a Monti per manifesta incapacità di governare. Sullo sfondo rimangono le famiglie che non arrivano a fine mese, i tagli alla sanità, alla scuola pubblica e all’Università, tutti iniziati sotto i governi Berlusconi e che Monti ha semplicemente acuito. Pregiudicati e condannati, in particolare nelle liste PDL, di nuovo candidati nel parlamento. Tutto questo proprio quando siamo in piena emergenza corruzione dopo gli scandali della Lombardia e del Lazio (alcuni dei principali protagonisti in negativo sono stati ricandidati da Berlusconi). Questo, come è evidente, contribuirà ad affossare l’immagine del nostro paese all’estero, dove Berlusconi ha eliminato il suo nome dal simbolo, perché all’estero davvero non capirebbero come lui possa ancora una volta candidarsi. O forse, come i più maligni sussurrano, perché anche i suoi un po’ si vergognano.
Eppure tutto questo, in quel circo, si è trasformato in commedia, battute da bar, dove il clown, il barzellettiere, lo showman ha sempre la meglio. Bugie, menzogne e fughe della realtà sono da sempre l’arma del venditore e le poche domande serie sono state evase con la tracotanza di un sorriso beffardo, con l’odio celato dietro a un sorriso falso. Berlusconi, da uomo di spettacolo e clown navigato quale è, sa come buttare tutto in caciara, come trasformare una trasmissione di informazione in uno show e Santoro glielo ha permesso, perdendo così la possibilità di fare domande, inchiodarlo alle sue responsabilità. Perdendo così la possibilità di fare informazione. Altro che servizio pubblico, in quel circo, i problemi reali, quelli con i quali ci confrontiamo ogni giorno, quelli sembravano non interessare a chi invece dovrebbe fare informazione da una parte e a chi si candida, dall’alto dei suoi quasi 80 anni (di cui gli ultimi 20 passati in politica ad arricchirsi e a evitare il carcere) a guidare un paese che ha rovinato. Per la sesta volta, dopo la condanna in primo grado per frode fiscale e non pago dei danni economici, di immagine e culturali che ha creato e dai quali sarà difficile riprendersi, Berlusconi si ricandida a guidare il paese.
Nessuna domanda sulla precarizzazione, male dei nostri tempi, che i vari governi Berlusconi sono riusciti a creare; nessuna domanda del clima di diffusa illegalità che la sua politica è riuscita a sdoganare. Berlusconi, un miliardario arricchitosi ancora di più grazie alla politica, in tutti questi anni è riuscito a tirar fuori il peggio e il marcio che c’era nel nostro paese, a legalizzare certi modi di fare e a renderli prassi quotidiana. Ha distrutto la politica industriale del nostro paese favorendo amici e furbetti di quartiere, ha depotenziato la contrattazione nazionale dei salari e ha ridotto i controlli sulla sicurezza del lavoro. Ha depenalizzato il falso in bilancio per cui era indagato, dando il via all’evasione fiscale legalizzata (quella dei ricchi si intende, i poveracci pagano sempre sino all’ultimo centesimo); ha distrutto culturalmente questo paese, attaccato le sue istituzioni democratiche e incendiato il clima politico. Ha creato il berlusconismo, vero cancro del paese.
Ma da quella farsa, da quella tipica commedia italiana, niente di tutto questo è emerso: battute, sorrisi e qualche domandina scomoda, ma niente più. Due monologhi, sempre intelligenti e affascinanti, di Travaglio, ma lasciando a Berlusconi l’ultima parola, lui che di monologhi vive. Ma c’è una cosa che non mando giù: l’accordo per non fare certe domande. Giornalisti che si accordano per non fare domande sono un’offesa al giornalismo e al diritto di cronaca. Sono, permettetemi, un’offesa ai telespettatori e a chi pretende di essere informato. Certo senza quell’accordo Berlusconi non si sarebbe presentato in Tv, non si sarebbe creato l’evento e non si sarebbe venduto il pacchetto “Berlusconi versus Santoro”, ma questo non giustifica in nessun modo l’accordo, perché allora non si capirebbero tutte le critiche che in questi anni il duo Travaglio-Santoro ha, giustamente, rivolto ai giornalisti troppo accondiscendenti verso Berlusconi. Allora perché stupirsi di quei giornalisti, spesso stipendiati da Berlusconi, che si fanno dettare le domande dallo stesso Berlusconi?
Questo è, ahimè, emblematico di certa sinistra, sempre prona ai compromessi al ribasso, sempre pronta a trattare con Berlusconi, sempre pronta, per usare un frasario tipico di Berlusconi, a farsi “infinocchiare” dal vecchio satrapo.