Ciò che rimarrà di queste tristissime e convulse giornate di elezioni del presidente della Repubblica è: l’incompetenza dei dirigenti Pd incapaci di eleggere un presidente pur avendo i numeri, capaci di perdere una partita già vinta; la loro inaffidabilità e malafede provando l’accordo con Berlusconi, cosa che va avanti dal 1994 da quando Violante garantì a Berlusconi che le sue televisioni non sarebbero state toccate; rimarrà la distanza dei vari Letta, Franceschini, D’Alema e Finocchiario dalla base che a gran voce chiedeva di non vendersi al Satrapo. Quello che rimarrà è la foto della tessera del PD bruciata in piazza, immagine di un popolo di sinistra onesto e stanco di essere presi in giro da dirigenti incapaci. Rimarrà quell’abbraccio, che sa di sfida alla base, di Bersani con Alfano, uno schiaffo a chi chiedeva cambiamento. Rimarrà l’amarezza per non aver letto un Presidente illustre, onesto e colto come Rodotà. Rimarrà la profonda tristezza di non avere un governo, quando l’apertura di Grillo era sotto gli occhi di tutti, dopo un mese di corteggiamento da parte di Bersani. Rimarrà la tristezza di dover riandare ad elezioni con questa legge elettorale, con un centro sinistra ancora più diviso e con un Berlusconi in crescita con il rischio di ritrovarcelo a governare per altri cinque lunghissimi anni. Comunque vada una cosa è certa: niente sarà più come prima. Anche qualora Prodi dovesse essere eletto Presidente non riuscirà mai ad essere un presidente di tutti, perché scatterà la macchina del fango capace di delegittimare un presidente di parte come Prodi, infangandolo e distruggendone l’immagine e l’autorevolezza e impedendogli così di essere superpartes (a patto di compromessi e accordi sottobanco). Rimarrà, in definitiva, l’amarezza di un’occasione mancata e irripetibile: quella di girare, una volta per sempre, pagina.