Massimo Ragnedda (Tiscali) Enrico Letta, capo della coalizione PD-PDL-Scelta Civica, alza la voce con la Lega, minaccia una guerra totale con Maroni e giudica inaccettabili le parole di Calderoli. Io non voglio neanche commentare le parole del vicepresidente del Senato, perché si commentano da sole e perché ne parlano già tutti. È, casomai, sull’ipocrisia dei dirigenti del PD che voglio dire la mia. Letta alza la voce con la Lega semplicemente perché la Lega non ha accettato (per ragioni strumentali e di opportunità politica) di stare al governo con loro, perferendo l’opposizione e qualche poltrona in più nelle commissioni parlamentari. Letta alza la voce con la Lega dimenticandosi di essere al governo con un condannato in primo grado a 7 anni per prostituzione minorile e concussione e condannato a 4 anni in secondo grado per frode fiscale. Letta, prima di ergersi a paladino dell’antirazzismo, dovrebbe ricordarsi che è al governo con chi ha definito Obama “abbronzato” (insulto fortemente razzista), che ha più volte sostenuto che Mussolini mandava gli ebrei in vacanza e ha definito Milano una città africana perché, a suo dire, ci sono troppi immigrati nelle nostre città.
Letta sembra dimenticare di essere al governo con un personaggio che ogni giorno insulta un organo indipendente dello Stato, che ha definito i giudici “antropologicamente” pazzi, la magistratura una metastasi, che ha dato della culona (insulto volgare e sessista) alla Merkel e che ha offeso l’allora primo ministro finlandese. Letta è al governo e si piega ai diktat di colui che invitava gli imprenditori ad investire in Italia “perché abbiamo bellissime segretarie” (insulto sessista e maschilista) e che definisce la nostra come una civiltà superiore (alla base di ogni forma di razzismo vi è la convinzione di sentirsi superiori agli altri). Letta governa il Paese con chi ha definito gli elettori di sinistra “coglioni” (mostrando così profondo disprezzo per l’avversario, cosa tipica del fascista) e con chi offende quotidianamente i gay e le donne.
Non voglio fare la lista delle cose razziste, volgari, sessiste, omofobe, anticostituzionali e antidemocratiche che il principale alleato di governo del PD ha detto negli ultimi anni, ma vorrei solamente ricordare l’ipocrisia di chi oggi attacca (giustamente) il razzista Calderoli, dimenticandosi di essere al governo con colui che ha nominato Calderoli ministro e che, oltre ad essere razzista quanto l’ex ministro, è anche un soggetto molto pericoloso.
Letta dimentica che il suo partito non solo governa con Berlusconi, ma addirittura è arrivato a sospendere i lavori parlamentari perché la Cassazione (come prescrive la legge) ha anticipato la sentenza per evitare che Berlusconi eviti, grazie ad una delle tante leggi ad personam che ha creato, di farsi giudicare. Letta dimentica che solidarizzare con un condannato che protesta perché la legge pretende di trattarlo come una persona normale, è un atto di servilismo rivoltante, oltre che un atto antidemocratico. Letta attacca Calderoli, ma se fosse stato anche lui al governo, avrebbe tollerato anche questo, così come lo avrebbe tollerato il capo dello Stato, il vero capo di governo.
Francamente trovo rivoltante questa ipocrisia dei dirigenti del PD (non di certo della base che vive con forte imbarazzo questa sudditanza e questo sottomettersi a Berlusconi) nell’alzare la voce contro Calderoli, dimenticandosi, come se niente fosse, tutto il resto. Il PD chiede a gran voce le dimissioni di Calderoli da vice presidente del Senato (chi lo ha votato? Con quali accordi?), mentre solidarizza con Berlusconi che protesta contro l’applicazione della legge e difende Alfano per la vergognosa espulsione, in chiara violazione dei diritti umani, di Alma Shalabayeva e della piccola Alua (6 anni appena), moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov.
Letta, insomma, fa il duro con i deboli e fa il debole (sottomesso) con i forti. Nella migliore (o peggiore) tradizione qualunquista italiana.