Sulla TAV sto con Prof. Vattimo. Chi protesta non è un terrorista

notav 18Massimo Ragnedda (Tiscali). l filosofo ed europarlamentare Gianni Vattimo ha attirato su di sé un vespaio di polemiche per aver difeso le ragioni dei no TAV. Prof. Vattimo ha difeso chi protesta contro la militarizzazione di un’intera area e contro la distruzione di una valle per la realizzazione di un’inutile, dannosa e costosissima opera pubblica. Lo Stato (o meglio alcuni dirigenti di partito) non sente le ragioni della protesta, non dialoga con i cittadini che vivono nel territorio e si ostina a costruire un’opera folle, dannosa e senza nessuna utilità per la collettività. La TAV – inutile far finta di non vedere – è un’opera “finanziaria” più che una infrastruttura, la cui unica utilità è far “girare” i soldi dei contribuenti italiani e dirottarli verso i soliti noti che, come parassiti, si arricchiscono sulle spalle della collettività. Questa opera faraonica sarà pronta tra 20/25 anni (conoscendo l’Italia possiamo pensare che i tempi si allungheranno ulteriormente e che i prezzi saranno una volta di più gonfiati), quando sia le merci che il modo di trasportarle (unitamente al trasporto di persone) saranno completamente cambiati. Hanno ragione gli abitanti della Val di Susa a protestare perché è la loro valle che verrà stravolta e deturpata, perché ci sono rischi per la salute dei cittadini e perché tutto il territorio soffrirebbe. Ha ragione chi, ovunque in Italia, protesta per questa inutile opera perché la vede come uno sperpero di risorse pubbliche che potrebbero essere destinate a finanziarie piccole opere molto più vantaggiose, meno dannose e capaci di dare un po’ di respiro alle piccole e medie imprese sparse in Italia. Ha ragione Vattimo quando sostiene che «la vera violenza è quella dello Stato che militarizza il territorio per realizzare un’opera inutile»: uno Stato che militarizza un’area e va contro gli interessi dei cittadini, distruggendo un intero territorio e mettendo a rischio la salute pubblica solo per far arricchire qualche imprenditore amico, è uno Stato violento.

La stragrande maggioranza del movimento No TAV è pacifica e si limita a praticare la disobbedienza civile che, come ogni disobbedienza, è qualcosa che disturba e crea disagio. Ha ragione Prof. Vattimo quando sostiene che “Ci può essere forse un po’ di illegalità, ma non è violenza. Definire sovversivi i No Tav è sicuramente un eccesso”. Ha ragione perché un po’ di illegalità non significa terrorismo e non significa essere sovversivi. Definire i blocchi stradali atti di terrorismo è un in sé un atto violento, perché nasconde il tentativo di criminalizzare una legittima protesta e di delegittimare le ragioni pacifiche di un’intera valle. Ha ragione Prof. Vattimo quando sostiene che è lo Stato ad essere violento. Il concetto di violenza, infatti, secondo la definizione fornita dalla Treccani, è “… la tendenza abituale a usare la forza fisica in modo brutale o irrazionale, facendo anche ricorso a mezzi di offesa, al fine di imporre la propria volontà e di costringere alla sottomissione, coartando la volontà altrui sia di azione sia di pensiero e di espressione”.

Quando lo Stato non ascolta le ragioni di un’intera valle, di pezzi delle istituzioni, dei sindaci e delle amministrazioni comunali che protestano, quando non ascolta l’appello lanciato da 312 medici ed operatori sanitari che denunciano “pesanti ricadute sulla salute pubblica”, sta facendo violenza, poiché cerca di “imporre la propria volontà e costringe alla sottomissione, coartando la volontà altrui”. Ha ragione allora Vattimo quando dice che è lo Stato ad essere violento. Uno Stato che tutela gli interessi dei poteri forti contro le ragioni dei cittadini che in quella valle ci vivono. Al di là dei costi enormi, del non senso di un’opera che paghiamo tutti noi (l’economista Marco Ponti ha calcolato che la Torino-Lione verrebbe a costare 1300 euro per ogni famiglia media italiana di 4 persone); al di là del fatto che dal 2000 ad oggi il traffico merci autostradale ai valichi alpini italo-francesi del Frejus e del Monte Bianco è crollato del 25- 30%; al di là del fatto che la TAV farebbe guadagnare (tra 25 anni) circa un’ora di tempo mentre gli scambi tra Italia e Francia corrispondono a circa lo 0,1% di quelli complessivi; al di là di tutto questo resta un problema di salute pubblica. Perché, dobbiamo chiederci, i cittadini della Val di Susa che già sopportano un enorme carico infrastrutturale per interessi esterni (ospita, infatti, sia la principale linea ferroviaria che collega l’Italia alla Francia, sia un’autostrada che veicolano più del 20% dell’intero traffico merci italiano per via di terra) dovrebbe mettere a rischio la salute dei propri figli per un progetto che non serve a nessuno se non a far arricchire i soliti noti? Perché dovrebbero tollerare questo atto di violenza dello Stato nei loro confronti? Perché non hanno il diritto di dissentire? Non è forse violenza quella dello Stato che pretende di usare i soldi pubblici per distruggere un intero territorio contro la volontà dei cittadini che lì vivono? Non è violenza quello dello Stato che criminalizza il dissenso, che militarizza un intero territorio e che non ascolta le ragioni dei cittadini che nella stragrande maggioranza dei casi protesta in maniera civile e pacata? Non è forse violenza, tornando alla definizione fornita dalla Treccani, quella usata dallo Stato, “facendo anche ricorso a mezzi di offesa [la militarizzazione dei cantieri e l’uso massiccio delle forze dell’ordine], al fine di imporre la propria volontà e di costringere alla sottomissione, coartando la volontà altrui”? Chi è il violento: il cittadino che protesta legittimamente (e solo in minima parte con piccoli episodi di illegalità) contro la distruzione del proprio territorio, oppure uno Stato che pur di dirottare miliardi di euro frutto delle tasse dei cittadini verso i “poteri forti” costruisce un’opera inutile e mette a repentaglio la salute pubblica dei cittadini?

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