La rivoluzione di Aleppo è diventata un’altra cosa. Follia aiutare i terroristi

siria_1_autoCut_664x230Massimo Ragnedda (Tiscali) Le parole di Domenico Quirico, valoroso giornalista della Stampa rapito in Siria dai ribelli e liberato qualche giorno fa dopo cinque lunghissimi mesi di prigionia, ci devono far riflettere. «Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana – ha detto l’inviato speciale in Siria – ma può essere che questa rivoluzione mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa».

Quell’altra cosa noi proviamo a raccontarla da più di un anno, da quando i jihadisti di tutto il mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, dall’Asia all’Australia, sono giunti in Siria per combattere la loro guerra santa. Jihadisti finanziati ed armati dalle petromonarchie amiche dell’Occidente, Qatar e Arabia Saudita in primis. Quirico, che ha visto con i propri occhi questa metamorfosi, ha ragione quando ci ricorda che la guerra in Siria non è più quella rivoluzione laica di Aleppo che tutti agli inizi abbiamo salutato con speranza. Non lo è più perché i terroristi islamici non sono di certo interessati all’estensione dei diritti e alla democrazia. I terroristi islamici sono interessati a giustiziare gli “infedeli”, come i cristiani decapitati nell’antichissimo villaggio siriano di Maaloula. Maaloula non è una città qualsiasi e la sua storia risale a migliaia di anni fa: Maaloula è l’unico posto al mondo dove si parla ancora l’aramaico di Gesù ed è uno dei siti religiosi più antichi e importanti della cristianità. Qui si trova il Monastero di Santa Tecla, dove sono conservati i resti della santa cresciuta da san Paolo, e il Monastero di San Sergio, costruito nel VI secolo d.C. e rimasto intatto sino ad oggi. Maloula è una città monastica, da secoli meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. Questo piccolo villaggio è stato da poco conquistato dai terroristi islamici e molti cristiani sono stati giustiziati, le chiese distrutte e agli abitanti è stato intimato di convertirsi all’Islam, pena la vita. Lo racconta bene Gian Micalessin, inviato di RaiNews24 e ancora più dettagliatamente Maria Finoshina inviata speciale di RT.

Potrebbero proprio esserci i terroristi dietro gli attacchi chimici del 21 agosto. Lo sostiene Pierre Piccinin, il professore belga di origini italiane rapito insieme a Domenico Quirico, che al quotidiano «le Soir» ha raccontato “È un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco. Siamo sicuri perché abbiamo sorpreso una conversazione tra ribelli in proposito. Anche se mi costa dirlo, visto che da Maggio 2012 ho fortemente sostenuto l’esercito siriano libero nella loro giusta lotta per la democrazia.”

A dire il vero anche l’amministrazione Obama ha ammesso di non essere in possesso di prove “inconfutabili” per dimostrare che il governo siriano abbia usato armi chimiche lo scorso 21 agosto. A dirlo è Denis McDonough, capo dello staff della Casa Bianca, che ha ribadito come gli USA non hanno “prove inconfutabili, che al di là di ogni ragionevole dubbio” possono accusare l’esercito regolare siriano di aver usato armi chimiche.
Aiutare, in questa guerra civile, questi gruppi che Prof. Piccinin ha definito «molto violenti e molto anti-occidentali e islamici anti-cristiani» sarebbe una follia. Faccio dunque mie le parole del generale Fabio Mini, già capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, nonché ex comandante della missione Onu in Kosovo: «Gli americani non hanno capito niente di quello che sta succedendo lì. E un intervento armato avrebbe solo l’effetto di rafforzare Al Qaeda e i jihadisti».

Quello che, nel mio piccolo, ripeto da più di un anno.

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