AGCOM e Garante Privacy: una spartizione non degna di un paese civile

Massimo Ragnedda (TiscaliDue al PDL, uno al PD e uno all’UDC. Non importa se competenti, non importa il loro curriculum: conta solo il loro sponsor politico, la loro casacca. Semplicemente vergognoso. L’autorità per le telecomunicazioni (così come l’autorità per la privacy) dovrebbe essere un organo di vigilanza, super partes, al disopra delle parti, proprio perché indipendente. Si tratta di una spartizione degna della prima repubblica, degna di un paese obsoleto, di una classe politica lontana dalla realtà, chiusa nel suo guscio e asserragliata nel suo piccolo mondo. Un altro schiaffo all’istituzione, un altro pugno allo stomaco di milioni di cittadini ed elettori che girano la faccia alla politica, stanchi di essere presi in giro. Non c’è stata infatti alcuna audizione nelle Commissioni parlamentari per vagliare i candidati, i loro curricula e le loro competenze. Niente: vecchia spartizione, roba da manuale Cencelli, roba da repubblica delle banane.

Non metto in discussione il valore delle persone nominate, ma il metodo usato per nominarle. Migliaia di curricula scartati senza essere letti, scartati perché non politicizzati, scartati perché non provenienti dal cilindro magico della casta. Sono restio ad usare questa parola, ma mai come ora mi pare appropriata. Un parlamento ridotto a teatro, con deputati della repubblica costretti ad alzare la mano a comando come marionette per nominare cariche secondo logiche di partito e non per competenze. Una vergogna. L’Italia aveva ed ha bisogno di competenza nel guidare un organo di garanzia, ed invece la solita solfa. Trita e ritrita solfa. Vecchia come la cattiva abitudine della lottizzazione, male incurabile del nostro paese. Un male che ci trascina sempre più a fondo, nel baratro dell’incompetenza, del nepotismo, delle logiche di spartizione. Un male tutto italiano, un male potenzialmente letale per il paese. Un male al quale bisogna ribellarsi.

Erano nell’aria le nomine, si conosceva già l’inciucio (PDL-PD-UDC), ma confesso che per un attimo ho sperato in uno scatto d’orgoglio, in un sussulto di dignità, in una reazione istintiva della classe politica per non perdere quel po’ di dignità che le era rimasto. Invece niente. Invece, uno schiaffo che mi desta dall’illusione del cambiamento, dall’illusione di una riscossa, dall’illusione che nel nostro paese, prima o poi, il merito sarà premiato. Invece niente. La vecchia classe politica ha deciso di suicidarsi, segnando ancora di più la distanza dal paese, dai cittadini, dai problemi reali, dimostrandosi, ancora una volta, incapace di governare in nome e per conto degli italiani.

Mi ero illuso che dopo lo schiaffo di Grillo e del Movimento 5 stelle una classe politica intelligente (perché di uomini e di donne intelligenti all’interno dei partiti se ne trovano tanti) avesse rizzato le antenne a avesse imparato la lezione: gli italiani chiedono più trasparenza, più equità, più onestà. Mi sono detto: questa volta sarà premiato il merito. Questa volta non possono fare scherzi: l’Italia ha bisogno, in un momento difficile, di ritrovare fiducia in se stessa e nelle istituzioni. Lo confesso: mi ero illuso. Mi ero illuso, frequentando la Rete, che quell’ondata di primavera democratica che si respirava fosse arrivata anche lassù, in Parlamento. Mi ero illuso che i tanti Tweet, i gruppi su Facebook, le interverste, l’interesse crescente della stampa (anche estera) sulla elezione dei nuovi membri delle Autorità Amministrative Indipendenti, come l’Agcom e il Garante della Privacy, avesse sortito gli effetti sperati. Mi ero illuso che i tanti appelli ai partiti e ai singoli membri dei partiti, gli appelli all’istituzione Parlamento da parte di migliaia di cittadini, affinché si valutasse il merito e non la casacca politica, e che si adottasse un procedimento trasparente, avessero fatto breccia nelle menti dei parlamentari. Invece, sono state lettera morta. Morta come la speranza di un rinnovamento. Morta come questa vecchia classe politica ignara di non rappresentare più il paese.